Prendiamo spunto da un bellissimo (e di poche pagine!) libro dello scrittore Gabriele Romagnoli “Solo bagaglio a mano”, uno squisito saggio su come viaggiare e la sua essenza filosofica. Intendiamoci, sul tema del viaggio ci sono centinaia di libri e, oltre al già citato, ne segnaliamo solo altri tre per la simpatia che trasmettono (se avete voglia di partire con il sorriso!): “Come fare la valigia. Per ogni viaggio” di Sarah Barrell e Kate Simon (Editore Lonely Planet), “Come fare la valigia perfetta” di Hitha Palepu (Vallardi) e “La felicità è a portata di trolley” di Marta Perego (De Agostini).
Per il Romagnoli il bagaglio del grande viaggiatore diventa metafora di un modello di esistenza che vede (naturalmente stiamo parlando in astratto) nell’azione del “perdere” una forma di ricchezza che sollecita l’affrancamento dai bisogni e che non teme la privazione del “senza”. Anche di fronte alle più terribili necessità del viaggio, quindi e alle privazioni che, comunque, si devono affrontare nei confronti di una vita sedentaria e ripetitiva, la leggerezza di sapersi slegato dalla dipendenza del “necessario” emerge come un’ipotesi di salvezza.
Ecco una citazione dal libro “Solo bagaglio a mano” di G. Romagnoli: “(…) Se fermaste cento persone in partenza all’ingresso di un aeroporto notereste una statistica, una proporzione inequivocabile: ‘grande viaggiatore, piccolo bagaglio’. E viceversa. L’esperienza aggiunge, ma anche insegna a togliere. Affina. Avvicina al nocciolo, all’indispensabile (…)”.
E non possiamo concludere se non con un’ennesima citazione, di Ira Levin questa volta: “chi ha necessità di più di una valigia è un turista, non un viaggiatore!”.